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Giurisprudenza di Legittimità

Mancata indicazione della persona che presenta l'atto di impugnazione: INAMMISSIBILITA'

Cassazione Penale, Sez. I, 26 gennaio 2018 (ud. 11 gennaio 2017), n. 3820 Presidente Vecchio, Relatore Tardio

La Corte ha affermato il seguente principio di diritto: «la inosservanza delle disposizioni in ordine alla presentazione dell’atto di impugnazione, compresa quella relativa alla apposizione della indicazione onomastica della persona che lo presenta, comporta la inammissibilità della impugnazione».

Riqualificazione giuridica del fatto in sede di legittimità: la sesta sezione fa chiarezza.

Cassazione penale, Sez. VI, 13 settembre 2017 (ud. 20 giugno 2017), N. 41767 Presidente Paoloni, Relatore Di Stefano

Una busta piena d'acqua è lanciata contro un anziano dal vicino di casa: il gavettone spaventa a tal punto l’anziano, da provocarne la morte nelle due ore successive. La Corte di Cassazione, sezione III, con la sentenza 28.09.2016, dep. il 14.11.2016, n. 47979, ric. U., ha ritenuto fondata la penale responsabilità dell’imputato per il reato di cui all’art. 586 c.p., in combinato disposto con il reato-base doloso di minaccia, salvo comunque dichiarare il reato estinto per intervenuta prescrizione.

Recente orientamento della Suprema Corte (Cass. Pen. Sez. III, sent. 17 maggio 2016 n. 45403(dep. 27 ottobre 2016) – Pres. Rosi, Rel. Liberati), con breve commento di S. Salti link al commento

LA CORTE DI LEGITTIMITA' TORNA SULLA DISTIZIONE FRA ESTORSIONE E RAGION FATTASI.

Cass. sez. II, 3 novembre 2016, 46288, a cura di C. Neri

Con la sentenza n. 46288 depositata il 3 novembre 2016, la seconda sezione della Suprema Corte delinea i confini tra le fattispecie di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e l' estorsione riordinando “apparenti” contrasti giurisprudenziali e introducendo alcune riflessioni innovative.A parere della Corte, una prima distinzione dei reati in parola riguarda il soggetto attivo: l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni rientrerebbe, per espressa previsione legislativa sinora non adeguatamente valorizzata da dottrina e giurisprudenza (“chiunque…si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo”), tra i cosiddetti reati propri esclusivi o di mano propria; in conseguenza di una simile interpretazione qualora la condotta tipica di violenza e minaccia prevista dagli artt. 392 e 393 c.p. fosse posta in essere da un terzo estraneo al rapporto obbligatorio fondato sulla pretesa civilistica asseritamente vantata nei confronti della persona offesa, che agisca su mandato del creditore, questa non potrebbe integrare il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Ciò conseguirebbe direttamente alla particolare oggettività giuridica dei reati di esercizio arbitrario delle proprie ragioni da individuare nella tutela dell’interesse statuale al ricorso obbligatorio alla giurisdizione nella risoluzione delle controversie: si può tollerare che chi ne ha diritto si faccia ragione “da sé medesimo” ma non anche che un terzo si sostituisca allo Stato.

Confermato poi il tradizionale criterio distintivo dell’elemento psicologico (il diverso fine perseguito dall’agente) viene al contempo data rilevanza alla condotta che può assumere significato di elemento sintomatico del dolo estorsivo quando caratterizzata da particolare veemenza

Cass., sez. II, 21 novembre 2016, n. 49335

Le dichiarazioni predibattimentali rese in assenza di contraddittorio, ancorché legittimamente acquisite, non possono fondare in modo esclusivo o significativo l’affermazione di responsabilità penale. Nel caso di condanna basata sulle dichiarazioni della persona offesa, acquisite ai sensi dell’art. 512 c.p.p. a seguito del decesso della stessa, il pregiudizio così arrecato alla persona offesa deve essere controbilanciato da elementi sufficienti ovvero da solide garanzie procedurali in grado di assicurare l’equità della procedura nel suo insieme (nella fattispecie, si è esclusa tale possibilità laddove il riscontro “esterno” sia costituito dal riconoscimento fotografico eseguito, sempre in indagini, successivamente alla denuncia).

In tema di delitti ambientali, ai fini della configurabilità del delitto di inquinamento ambientale (art. 452-bis c.p.), da un lato non rileva l'eventuale reversibilità del fenomeno inquinante, se non come uno degli elementi di distinzione tra il delitto in esame e quello, più severamente punito, del disastro ambientale di cui all'art. 452-quater c.p. e, dall’altro, l’accertamento della compromissione o del deterioramento normativamente richiesti quali condizioni per la sussistenza del reato non può limitarsi solo ad alcuni degli effetti prodotti dalla condotta, ma impone di considerare compiutamente quelle condizioni di "squilibrio funzionale o strutturale" che caratterizzano la condotta penalmente rilevante.

Con la sentenza n. 45997 del 14/7/16 (dep. 2/11/16) la Suprema Corte torna ad affrontare - dopo un primo annullamento con rinvio (sentenza n. 18220 dell’11/3/15, dep. 30/4/15) della sentenza di secondo grado - la questione dei criteri distintivi tra colpa cosciente e dolo eventuale.

Applicando i principi di diritto enunciati dalle Sezioni Unite (sentenza n. 38343/14) ha ritenuto configurabile il dolo eventuale nella condotta del conducente che in stato di ebbrezza aveva viaggiato contro mano in autostrada, provocando così la collisione con altra auto e, per l’effetto, sia il ferimento del conducente sia il decesso immediato dei quattro trasportati.

link ad una breve nota

La Cassazione torna sul problema della applicazione dell'aggravante ex art. 80 DPR 309/90 e afferma che il quantitativo minimo di principio attivo al di sotto del quale non scatta l’aggravante dell'ingente quantità é pari a 4 mila volte e non più 2 mila volte il quantitativo di sostanza

Poiché il Giudice di pace deve depositare la motivazione entro 15 giorni qualora non la detti a verbale, la motivazione depositata oltre detto periodo deve ritenersi depositata fuori termine ed il relativo termine per impugnare è quello di giorni trenta, decorrenti dal giorno in cui sia avvenuta la notificazione

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