Ordinanza del Tribunale di Milano, Sez. I Pen., giudice monocratico, Dr. Salvini, 15 settembre 2017
Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Firenze, in funzione di Giudice dell’esecuzione, accoglie la questione sollevata dalla difesa, affermando il principio per cui, in esecuzione, laddove nel giudizio di cognizione il giudice abbia ritenuto prevalenti le circostanze attenuanti generiche sulla circostanza aggravante contestata, si deve tener conto di tale bilanciamento anche ai fini del combinato disposto degli artt. 656, co. 9 c.p.p. e 4-bis O.P.
Ritiene l'esecuzione, naturale prosecuzione e materiale traduzione della fase di cognizione, ed estende anche all’esecuzione la valutazione operata dal giudice del merito con riguardo agli effetti del giudizio di bilanciamento sulle circostanze: “[…] non è da ritenere applicata l’aggravante solo allorquando, ancorchè riconosciuta la ricorrenza dei suoi estremi di fatto e di diritto, essa non manifesti concretamente alcuno degli effetti che le sono propri a cagione della prevalenza attribuita all’attenuante la quale non si limita a paralizzarla, ma la sopraffà, in modo che sul piano dell’afflittività sanzionatoria l’aggravante risulta tanquam non esset […]” (cfr. Cass., Sez. I, 01.02.2013, 7359, imp. Casanova).
Tale principio deve ritenersi valido anche in esecuzione. Nel caso di specie, la circostanza aggravante di cui all’art. 80, co. 2 d.P.R. n. 309/1990 è stata ritenuta e dichiarata subvalente rispetto alle circostanze attenuanti generiche (secondo argomentazioni condivise ed avallate dalla Suprema Corte di Cassazione): non operando, quindi, la circostanza aggravante, veniva meno la condizione ostativa prevista all’art. 656, co. 9 lett. a) c.p.p., “perché il reato non poteva ritenersi rientrante tra quelli indicati nell’art. 4-bis L. 354/19775”. L’ordine di esecuzione non doveva quindi essere emesso, con conseguente temporanea dichiarazione di inefficacia dello stesso.
Ritenuto, dunque, che si debba dichiarare la perdita di efficacia temporanea dell’ordine di esecuzione emesso dal Pubblico Ministero, il condannato, ai sensi dell’art. 656, co. 10 c.p.p., “permane nello stato detentivo nel quale si trova e il tempo corrispondente è considerato come pena espiata a tutti gli effetti”: nel caso in esame, trovandosi il condannato in regime di arresti domiciliari ex ante ordine di carcerazione, il Giudice ordina il ripristino della misura.